V come velocità


A volte mi chiedo se certi piaceri, ma anche pensieri, che per me sono scontati, siano universali oppure appartengano solo a me.

Che ancora mi ricordo, quando ero una nanerottola ed ero convinta che tutti i bambini del mondo imparassero prima l’italiano e poi la lingua dei genitori. E ci ho messo un pò a capire che mi ero fissata su una grossa panzana. Come se l’italiano fosse così facile da assimilare, che ci sono autoctoni che faticano ancora in avanzata età ad usare i congiuntivi e la consecutio temporum. Che si può perdonare, anzi mi piace l’inclinazione della parlata dialettale, certi intercalari regionali, alcune espressioni che non sono errori, ma traduzioni letterali evolute, come quando scendi la spazzatura, ma certi errori fanno accapponare la pelle.

Il piacere, dicevo, della velocità, per esempio. Del mio corpo a mille chilometri all’ora, che sfreccia, col vento in faccia, il sibilio dell’aria che punge, a volte gelata, piccole frecce conficcate nella pelle e la sensazione elettrizzante di sfidare qualcosa, qualcuno. La mia concentrazione e lo sguardo vigile, la fermezza della mano e del piede, la giusta dose di sfrontatezza, ardire, calcolo mentale delle probabilità, prevenzione e cura, anticipazione dei movimenti altrui, che io stia sciando, che io stia pattinando, che io stia guidando, è sempre la stessa tattica. Strategia che mi tiene viva, che mi sbatte in faccia la mia identità. Che mi è chiara e limpida. A volte. Anzi, riformulo, è l’immagine che mi piace dare di me stessa. Tranquilli tutti, so cosa fare. Poi magari non ne ho idea, ma tutti mi credono, io faccio a modo mio e questo è l’importante. Che ognuno ha le sue specialità e soffro molto quando non vengono rispettate. Ma continuo ad andare fuori tema, a non spiegare. Qualcuno mi vorrebbe bacchettare a dovere. Facciamo così. Questo è un preambolo. Nei prossimi post svilupperò.

Il piacere palpabile della velocità. Anche molto relativa, per cui si rende necessario il confronto con gli altri, in una escalation adrenalinica: la bonaria competizione, la soddisfazione di aver scalzato l’avversario e l’impercettibile sorriso stampato sul volto quando tagli per primo il traguardo. Come quando Gene Gnocchi introduceva Vecchioni in quella meravigliosa canzone, che quello sguardo ce l’ho pure io stampato:

Ogni anno che passa, mi piace vedere la tua faccia
da viaggiatore di commercio che ha scoperto al
casello che c’è lo sciopero e non si paga e fa la
faccia seria ma dentro… ride.

38 pensieri su “V come velocità

  1. Zeus

    La velocità non mi ha mai attratto in sé. Il viaggio mi attrae, la comodità del viaggio, non la sua velocità. Idem dicasi per andare in macchina etc… veloce è solo funzionale al viaggio, non una componente importante.

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    1. Ecco, grazie come al solito per contribuire nella riflessione. Non l’avevo legato al viaggio, ma a un fatto quotidiano e la velocità mi piace come fine e non come mezzo. Mumble mumble, mi dai sempre dei bei spunti.

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      1. Zeus

        Questo perchè non capisco quello che scrivi e scrivo quello che mi passa per il cranio ehehe.
        Scherzo, ci metto del mio per tentare di mettere insieme riflessioni oneste.

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  2. smadonno

    La velocità non è solo vento in faccia . É stato dimostrato che esiste una categoria di umani per cui fare certe cose velocemente da una soddisfazione maggiore che farle bene. A tutti i livelli ..studio lavoro amore

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      1. smadonno

        Difficile sintetizzare efficacemente diciamo che esistono varie categorie di umani. I perfezionisti, i feticisti di situazionI che amano crogiolarsi dentro certe atmosfere, i coatti a ripetere forzati a riprodurre di nuovo situazioni e anchr chi sente ls necessità di correre per cui a un 30 e lode che necessita 3 mesi di studio preferiscono 18 in venti giorni o chè a un normale corte che passa attraverso gli Step classici uns sveltina anche emotiva.
        La velocita da ebbrezza e dipendenza ed è in grado di provocare grosse scariche di endorfine ma anche qualche problumuccio relazionale

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  3. A me la velocità piace… Per capirci (esempio stupido) adoro le montagne russe a gardaland, quando capisci che stai perdendo le lentine a contatto dagli occhi per quanto stai andando veloce. Altre velocità, mi piacciono meno.

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  4. Fedifrago ®

    Quando competo lo faccio per vincere, ovviamente. Ma non amo particolarmente le competizioni, neppure quelle “piccole” (o bonarie, come le definisci tu) …mi piace considerarmi un outsider

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  5. Pingback: V come roller – m3mango

  6. Sì….. non si capisce molto ciò che vuoi dire. Credo che così com’è sia molto interpretabile.
    Io provo ad applicare questo discorso al mio lavoro.
    Io ,quando mi sento molto sicuro di me (di solito a seguito di qualche successo raggiunto, quindi di conferme), tendo a sentirmi molto figo e a vedere gli altri troppo “lenti”. E godo.
    Però so che devo stare molto cauto e non manifestare troppo apertamente questa mia “felicità” e soprattutto non sottovalutare il lavoro degli altri…perchè quando pecco di immodestia è proprio la volta che faccio la figura di merda. E mi tocca rimangiarmi tutto.

    Oppure può succedere di andare molto forte in un certo aspetto della vita, ma non in un altro: siamo dei fighi sul lavoro, poi la fidanzata ci lascia e noi finiamo a “piangere contro i muri” (rif: Vasco Rossi).

    Meglio essere cauti con la boria. Per scaramanzia.

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