Vaso

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Porgimi quel vaso trasparente dell’Ikea.

Non ho bisogno di proferir parola. Basta un cenno, il sopracciglio inarcato e lo sguardo puntato su quel pezzo di vetro allocato in credenza. Che lo comprammo insieme, lo scegliemmo a caso, tra mille complementi d’arredo in fila, come soldatini inutili, pronti alla morte. Prezzi stracciati, saldi di primavera, ormai sfiorita.

Consegnamelo, avanti, anche se sono incazzata nera e non ti pare proprio il momento di mettere a bagno delle rose.

Dammi quel vaso, qui e ora. Non c’è tempo di discutere, negoziare, trattare. Qui si tratta di eseguire senza resistere, senza opporsi.

L’abbiamo già visto questo film: ti toccherà raccogliere i cocci schizzati per tutta la casa, è inevitabile e non serve a niente provare a farmi ragionare. Parecchio inutile divagare, far finta di niente, distrarre  i miei pensieri. Parlare di domani, di dopodomani, di lunedì. È tutto superfluo, siamo a un capolinea dichiarato.

E allora che accada, questo disastro annunciato. Il tonfo cristallino rimbomba all’unisono. Riecheggia e tappa le nostre orecchie stufe, ormai sorde a qualsiasi sforzo di venirsi incontro.

Il vaso è rotto, spezzato, irrecuperabile e i vetri per terra finalmente giacciono inermi. Finalmente, si.

Le rose non ci sono, dove sono finite?

Sono rimaste attaccate alla pianta, trapiantata anni fa, quando c’era ancora qualcosa da dire, da fare, da provare. Quando eravamo felici, liberi da fardelli, ormai talmente gravosi che non riusciamo più a raddrizzare la schiena e ci muoviamo ingobbiti come zombie, cerchiati senz’ossa.

Il frastuono  del vaso scagliato e delle nostre parole sanciscono la fine della guerra.

E tu sei lì, silenzioso, che ti sfili le calze con eleganza e inizi a danzare sui frammenti luccicanti. Ti muovi piano, senza guardare il sangue che lentamente gocciola dai tagli provocati, come una penitenza, una reiterata richiesta d’attenzione nei miei confronti. E’ un gioco, io lo capisco, ma io mi sono stufata. Ciao.

Posta del cuore

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Leggevo ieri Scrittore5-5 che parlava di una mail ricevuta. Ora non trovo più il post, forse l’ha cancellato, ma non è questo il punto. Volevo parlare della Posta del cuore.

Ho passato l’adolescenza e anche oltre a scrivere bigliettini, lettere, cartoline. Ho scatole di scarpe piene, ne ho anche bruciati, in maniera plateale, in mezzo ai campi, con l’accendino, per sancire la fine di un mondo. Mi piace mettere in scena spettacoli solitari, in cui sono la regista e l’unico spettatore. Lettere d’amore, bigliettini tra compagne, pen friend, disegnini, pensieri, scarabocchi. Ho persino inventato un alfabeto per scrivere al mio primo fidanzato che abitava a 1.200 km di distanza e per risparmiare usavamo le cartoline, che il francobollo costava meno, ma non volevamo che ci leggessero altri. Chissà che razza di minchiate ci scrivevamo. Mi sembrava una cosa così ardita: aveva 7 anni in più di me, faceva il sagrestano e cantava e suonava da dio. Gli elementi giusti per una solida relazione a distanza, 14 anni e le idee chiare, mon dieu. Non racconterò la mia prima volta in un trullo, perché la prima volta non vuol dire nulla. In genere è l’ultima la migliore. E meno male, sennò avrei smesso da mo’.

Poi, dicevo, avevo una cassetta delle lettere condivisa con la mia vicina di casa, nascosta in mezzo a un cespuglio. Imbucavamo pezzi di carta pieni di cuoricini e racconti della nostra vita di ragazzine curiose.

Tutto ‘sto preambolo per dire che l’attesa e la scoperta di trovare qualcosa per me, da leggere e assaporare mi sono sempre piaciute molto. Anche per te è così?

Ogni tanto qualcuno mi scrive sulla Posta del cuore e devo dire che sono stati messaggi sempre piacevoli, a volte molto diretti, a volte meno. L’altro giorno qualcuno mi ha scritto che dentro di me ho tante anime che a volte fanno a pugni. Ci sono frasi che son sassi, sopratutto dette da sconosciuti. Non importa che mi conoscano solo dal blog, su cui c’è una fettina di me, anche parecchio piccola, a dire il vero. Tutto ciò mi fa ri-flettere. Questo è solo un esempio, potrei farne altri. Il commento di Mela di ieri mi ha descritta perfettamente.

A volte penso che dovrei scrivere solo per me e non pubblicare nulla, ma alla fine il confronto con gli altri è il sale della vita. E pure lo zucchero.

Tempismo

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Ho il pomeriggio libero e dopo i doveri di approvvigionamento derrate, decido di andare a correre. Sarei andata a pattinare, ho molta voglia, ma non ho abbastanza tempo.

Esco di casa e si mette a diluviare. Ora sono qui prigioniera della pioggia, sotto lo stadio, che guardo le secchiate scrosciare a terra e mi piace. Giuro: sono felice di essere incastrata qui, da sola, con un’ottima scusa per non dovermi, potermi muovere. Posso godermi l’inaspettato momento, posso provare a scrivere. Posso gioire della mia solitaria presenza.

Vivo momenti intensi, sbalzi d’umore, scazzo sconcertante e tenerezze improvvise.

Marina Ripa aveva ragione, cazzo. I miei primi 40 anni vogliono dire qualcosa. Chiedo perdono per la poco elegante citazione, ma l’ironia ci salverà tutti. Credo.

Lo ammetto. Ho delle difficoltà a riprendere a scrivere. Vorrei, dico davvero, a volte anche scrivo, ma poi non pubblico.

Non ho capito se è qualcosa di momentaneo, certo è che la regolarità precedente mi stupiva molto. La normalità è questa, perdinci.

Forse mi trovo semplicemente in un momento di crisi, come quella economica ed io non penso che passerà. Il mondo, il tuo, il mio è cambiato. Si ritrova un equilibrio  solo se ci si adegua: ripensare a se stessi, reinventarsi un mood. Scusa se sono prolissa, non è il mio stile. 300 caratteri. Massimo 400 è il mio limite, subito dopo la mia bandiera: se vieni è il miglior apprezzamento. Sicuro.

Sono sotto questa pensilina con due adolescenti logorroici, un uomo che voleva correre come me, che aspetta che spiova e un asiatico in bici.

Sai cos’è la cosa migliore in tutto ciò? É che quando smetterà di piovere, e succederà prima o poi, il parco sarà semivuoto, ci sarà un profumo buonissimo, per 10 minuti niente smog ed io potrò fare la mia corsetta, godendo del parco bagnato fradicio, tutto per me. Se il parco fosse una donna, ecco, ne approfitterei, già sai.

Riassunto delle puntate precedenti


Cosa mi è successo durante le ultime due o tre o quattro settimane?

Sono stata convinta per due ore di aver di nuovo perso la patente (ho iniziato fortemente a dubitare della mia sanità mentale, anche santità, ma questa è un’altra storia), sono stata due volte a Roma (tanto love!), ho visto ‘La pazza gioia’ (e ho amato le protagoniste e anche pianto un poco, alla fine), ho vinto un viaggio per New York (questo merita un capitolo a parte, tipo nella categoria: botte di culo a manetta), ho imparato a frenare coi rollerblade in almeno tre modi diversi (spazzaneve, a t e un altro modo di cui non ricordo il nome), ho conosciuto di persona Rachel Gazometro (deliziosa, mi ha rifocillata e coccolata), ho scoperto che Kalosf per un pò stacca (ciao Sandro!), che non esistono donne singole per giochi di gruppo (plausibile, ma che sfiga), che alle macchinette in ufficio c’è anche la fantastica accoppiata cracker e parmigiano (leggi sogni proibiti), che il massimo della perversione è ordinare da asporto gli gnocchi di riso cinesi (mille calorie spese bene, bilanciate poi da giorni di insalata scondita mangiata senza posate), che al lavoro hanno deciso che si viaggia tutti in prima (schifo ai soldi, viva le poltrone di pelle e le patatine servite), che se sbagli a salire sul Frecciarossa e prendi il treno prima è un vero casino, vita vissuta docet.

Allora, vediamo un po’, riprendendo i fatti più eclatanti  che mi sono successi, ti posso dire che un giovedì sera la mia capa mi ha chiesto se potevo partecipare ad un roadshow di una nota compagnia aerea, perché lei non poteva andare. A me che piace intrufolarmi agli eventi non dispiaceva proprio sostituirla. Era una presentazione dei servizi business, il tipo che parlava era molto bravo, ma certo rimanere fino alla fine era impresa ardua, manco il catering cinque stelle in chiusura. Ma questi geni del marketing si sono inventati di raccogliere all’ingresso i biglietti da visita e poi estrarne uno, alla fine ovviamente, mettendo in palio un ambitissimo viaggio Milano New York, che udite udite, ho vinto io. Sbam!

E poi ho conosciuto di persona la deliziosa Rachel, con cui ho fatto colazione in centro a Roma. Bellissimo incontro, spero di rivederti presto!