Ordinarie manie metropolitane

 

Alert: questo post rientra a ben diritto nella categoria ‘Seghe mentali’ di questo blog. Non ha carattere di denuncia, ma, anzi, di autocompiacimento spudorato.

Le vasche

A casa ho un lavandino con due vasche, una accanto all’altra. Non chiedermi perché, ma io posso usarne solo una, l’altra no, mi irrita terribilmente sporcarla, anche solo bagnarla con l’acqua. E godo a vedere la vasca intonsa senza goccioline, lucida, pulita, splendente. A volte uso il lavandino del bagno per lavare la frutta o la verdura, o sciacquare lo spremiagrumi, per non bagnarla.

Le forbici

Taglio tutti i sacchetti che contengono cibo, perché vedere strappato il bordo mi da fastidio: la pasta, la farina, il cacao in polvere, il riso, la busta del prosciutto. Anche la carta del burro è un problema, perché se inavvertitamente si strappa cerco di consumarlo in fretta per sostituirlo con una confezione nuova.

Le pinze da bucato

L’unica cosa che mi piace fare tra le faccende domestiche è stendere. Mi piace scegliere i vestiti in base alla dimensione e con ordine appenderli dopo averli scrollati un po’ di volte. Mi piace accoppiare le pinze per colore e dimensione. Alla fine la roba stesa pare un quadro.

La lista della spesa

La mia più cara amica usa Shop Shop, l’app che permette di segnare velocemente cosa comprare. Lei va sempre nello stesso supermercato, segna e ordina i prodotti in base a come sono dislocate le corsie, in modo da ottimizzare il percorso tra gli scaffali. La ammiro molto, ma non riesco ad arrivare ai suoi livelli per i soliti problemi di memoria che mi perseguitano.

L’armadio

Divido i miei abiti in base alla dimensione e al colore. Anche nei cassetti, ho messo dei contenitori per poter distingue la biancheria in base all’utilizzo. Come le cartelle del computer. Mi rilassa molto ordinare, archiviare, assegnare categorie e rimirare l’armonia, l’accostamento dei colori, la precisione.

Typo

Senz’altro sfuggono anche a me ogni tanto, ma ho un occhio particolare per rilevare errori di battitura, refusi e compagnia bella. Deformazione professionale, certamente.

Però…

non riodino il letto, non pulisco le scarpe, non uso tovaglie di stoffa e tovaglioli, non mi pettino, odio fare benzina, la mia borsa é un casino, la mia scrivania non ne parliamo.

Enigmistica per #zozzolerci – Soluzioni e vincitore

Cari enigmisti #zozzolerci ecco il giorno più atteso. Il post in cui segreti cadranno, gli enigmi saranno sciolti, gli esiti sotto gli occhi di tutti e il nome del o della più abile, che vincerà il fantastico premio finale, sarà svelato! Si inizi dunque con le soluzioni di:

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periodico assolutamente aperiodico di giochi, giochini e giochetti #zozzolerci a cura di m3mango, ysingrinus e alidivelluto.

 

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Offerte LIDL (San Valentino)

  

mango Ho una passione per le offerte LIDL, quelle che durano un giorno solo, che cambiano il giovedì e la domenica, che controllo sull’app dedicata, nei momenti più assurdi della mia giornata.

Oggi c’era l’offerta San Valentino: autoreggenti nere, collant sciantosi con la riga nera nera e il fiocchetto sul tendine, negligè leopardati e culotte in pizzo. Irresistibili.

Ho catturato le due mie colleghe e siamo saltate in auto a fare incetta, in pausa pranzo. E’ stato divertente scegliere le taglie, tastare i tessuti e consigliarci l’utilizzo, l’atmosfera, l’ambientazione.

Non scriverò altri riferimenti alla festa del 14 febbraio perchè non mi piace molto, ma volevo comunque segnalare l’offerta LIDL a chi fosse interessat@.

Discaimer:
1. No, non sono a libro paga LIDL, no, non mi hanno staccato un assegno di 5 euro per questo post (magari!).
2. La foto non rappresenta i prodotti segnalati, è pubblicata solo a scopo informativo (magari fosse il contrario!).

 

 

Postalmarket per adulti

 mango 
E niente, son di nuovo in treno, sull’Italo delle mie brame.

Mi piacciono i treni alta velocità perché ti indicano sui monitor dove si fermeranno i vagoni. Così tu ti accorgi sempre che sei dalla parte opposta, inizia la fiumana di gente che si sposta da un capo all’altro del binario e poi immancabilmente il treno non rispetta le indicazioni dei monitor e tutti di nuovo si spostano all’altro capo. Fantastico, pare ‘na danza! In Giappone funzionava uguale ma non sbagliavano mai, neppure le persone. Veggenti!

 Questa volta non posso fare le candid camera con i vicini, mentre scrollo le foto maiale su Tumblr, perché mi han piazzato in un sedile da sola, extra large, addirittura. Meglio così, d’altro canto, visto che a far la simpatica e maliziosa, l’altra volta mi son bruciata il traffico di due mesi in quattro giorni. Ma quanto magnano le foto e i video? Uno sproposito. Anche perché il Wi-Fi sui treni è una grossa bufala.

E allora che fare per passare il tempo, certo non posso guardare fuori dai finestrini, che è tutto grigio, ma grigio nebbia e niente non si vede nulla, esattamente come a Budapest, come ricorda l’amichetto Gintoki.

E allora scorgo la posta e cosa ti arriva? La mail del sexi shop, che non è esattamente un sexi shop come gli altri, ma un posto parecchio raffinato, in centro città, che costa il triplo, ma la commessa non mastica chewingum svogliata e non ti risponde a monosillabi, ma da perfetta padrona di casa ti presenta tutte le funzionalità delle palline, che sono a scelta o viola o rosa shocking, splendide al tatto e quando le infili con nonchalance, spariscono per magia, puff!, meglio degli spettacolini trash di quest’estate in Tailandia. E le puoi usare per fare i mestieri oppure (parole testuali) mentre il tuo lui ti incula. Ok, mi hai convinta, le prendo!

Ma nel catalogo via mail c’è un pò di tutto, il ring counter che infila lui e conta le calorie consumate, il numero di spinte e il tempo impiegato (!), l’intramontabile ovetto da indossare al ristorante o al supermercato mentre fai la spesa, la mascherina in vinile, che pare un pizzo, vedo, non vedo e i fantastici plug anali di nuova generazione, in diversi formati, rigidi e anche un pò morbidi, che di nuovo ti permettono spettacoli di magia, da veri professionisti!

E intanto sono arrivata, la spesa al sexi shop per corrispondenza mi tocca rimandarla a più tardi. Milano, here I am!

Le fiche di Milano 

  
Quando ti vesti per andare a Milano devi sempre essere due gradini più in su, per forza. Perché a Milano è così, ci sono le strafiche tiratissime, modelle slave stupende, dee solo gambe con tacchi chilometrici. Per cui anche se in periferia sembri parecchio fuori luogo e a prima vista parresti una baldracca d’alto borgo, poi a Milano sei perfettamente calata nella parte e giri per via Manzoni con sicumera. Per cui sdogani senza incertezza gli stivali scamosciati neri con tacchi interessanti, gonna di pelle con frange lunghe, a metà tra charleston e rubber girl, occhiali da sole da nebbia padana e rossetto rosso d’ordinanza.

E quando sali sul magnifico Italo inizi come sempre a godere, questa volta con i Dire Straits e un tipo molto serio, giacca cravatta, a cui fai volentieri sbirciare le foto porno soft (poco soft), che scorri con non curanza sul tuo amato Tumblr. E intanto scrivi ispirata dalle vibrazioni dell’alta velocità e le montagne di neve stupenda che fanno cornice. 

E poi parli con lui e ti viene voglia di andare a sciare, di attraversare la giungla, viaggiare col quattroperquattro sul bagnasciuga, come quando, come quando, ero in Brasile e un mojito serviva a placare tutto, a piedi nudi nella sabbia e i baracchini di frutta e cachaça e zucchero di canna.

Quando torno a casa dei miei, mi piace da matti andare a spulciare negli armadi, respirare forte la polvere ovunque e scoprire chicche stupende dimenticate e sepolte nella memoria. Tipo il mio CD preferito, primo nella top ten dei CD di tutti i tempi, introvabile e sconosciuto che si appella Legalization ed il nome è tutto un programma. Dove cantano i Casino Royal, Neffa e i Messaggeri della Dopa, Marlene Kuntz e Giuliano Palma, nettamente di sinistra tutto ciò. E mi fa ridere perché quando all’improvviso abbiamo iniziato a parlare di cose serie, mi hai chiesto se ero di destra ed io ti ho detto con gli occhi a forma di cuore: ho sempre votato estrema sinistra, darling.

Ma ora sono sul treno, sono quasi arrivata ed eccomi alla canzone numero 9 dell’album On Every Street, nettamente un disco romantico, cazzo, cazzo! E piove pure!

Il dono (II parte)

  
Comprami tu la gonna cortissima, talmente corta che mi chiedo a cosa serva. No, non è vero, non me lo chiedo perché lo so, ma mi piace ogni tanto fare quella che cade dalle nuvole. E’ che non sono credibile, ma mi sforzo di essere seria e anche un pò stupita. Chissà se mi riesce davvero? Me lo devi dire tu.

Se me la compri tu, oltre ad essere un dono, un dono simbolico, come piace a noi, forse la pianterai di sgridarmi che la mia è troppo lunga, troppo poco fasciante, troppo poco lucida. E forse la smetterai di punirmi, castigarmi, sculacciarmi, obbligarmi con la forza, prostrata e sottomessa a bere la tua sborra calda (è sempre calda, a quanto pare), alternata a liquidi non ben identificati. Forse la smetterai, si?

Ma io non voglio che tu smetta, of course, come quando mi rispondi in inglese, perché sai che mi piace. Come quando, cambi accento repentinamente, solo per confondermi, solo per stupirmi, solo per farti dire che la tua voce mi eccita, quell’inclinazione del suono che emetti, dalle tue labbra, che mi provoca cascate, cascate del Niagara

Ma allora sceglila tu la gonna, adoro pensare che l’hai scelta per me. Che sei entrato in un orrendo negozio di articoli fetish, hai chiesto la disponibilità della taglia e con cura, con cura e passione hai scelto quella che ti piaceva di più. Come un bambino dal giornalaio, sceglie un giocattolo agognato.

Non ti dico come la vorrei io, mi piace sapere che l’hai scelta tu e proprio per questo mi piacerà indossarla, sfoggiarla nei misteriosi privè in cui mi vuoi trascinare ogni volta. Ed io ti seguo sognante, come se mi portassi nel paese dei balocchi.

E i balocchi siamo noi e tutti i nostri giochi, che potremmo buttare in un sacco, mescolare, bendarci a vicenda e provarli su di noi e scoprirli ogni volta come fosse la prima. E ridere e scherzare, come ci succede sempre.

La immagino nera, questa gonna, che ora voglio, desidero, pretendo, lucida, uno specchio, una striscia superflua, che non copre nulla, che invita, che rende accessibile, a te, agli altri, ai depravati tutti, le mie forme.

So già quando indossarla, appoggiata all’auto, che ti do le spalle e ti aspetto contro di me.

Il dono


Era un pacchetto di carta velina rosso, tutto stropicciato. Era legato malamente con un nastrino dorato, riciclato da chissà dove. Non ero mai stata brava a incartare e il fatto di averlo messo in borsa non aveva contribuito a renderlo presentabile,  anzi.

Certo, avevo provato ad appiattirlo con le mani, piano piano, ma il risultato era che la carta si era crepata di lato.

Un disastro, insomma. Ma non sono formale e neppure tu lo sei. Mi piacciono i tuoi regali, perché sono una foto, un biglietto, una frase. Che importanza aveva la carta? Giusto la sorpresa, anche se forse intuivi già il contenuto.

Avevo preso le misure, partendo da delle proporzioni mentali che avevo memorizzato, mentre sdraiati sul letto fumavamo insieme: avevi le dita lunghe quanto il mio iPhone.

Ci tenevo al mio dono e quando decisi di posarlo sulle tue cosce ero emozionata: guardavo il tuo viso stupito e mi chiedevo se davvero eri sorpreso o simulavi amorevolmente per me.

Scartavi il regalo con cerimonia, come solo tu sai fare. Le cerimonie, le investiture ti piacciono da matti, lo so. E scoprivi i guanti di morbida pelle nera che attendevano di essere indossati.

Rappresentavano sottomissione, puro amore, dedizione e remissione. Avevo pensato a lungo a un simbolo non scontato, che ti stupisse, che ti facesse venire voglia di desiderarmi ancora, all’infinito.

Eri in blazer grigio ferro, con la cravatta allentata. Ti eri accomodato sul divano, e appoggiavi mollemente le gambe sul puff di quell’appartamento, arredato con gusto. Lo avevi scelto con cura per lo specchio. Lo specchio è essenziale, dicevi, ed era posizionato esattamente dove volevi tu.

Era presto, ma già sorseggiavi un whisky liscio, che ti avevo servito io, nuda con i tacchi.

Li indossavi. Seguivo con lo sguardo le tue mani a contatto con la morbida pelle. Erano perfettamente calzanti: la tua misura. Ora sapevo cosa sarebbe successo, ed io non aspettavo altro. A un tuo segnale, capivo da dove iniziare per servirti e farti godere.