L’epilogo – warning!- a lieto fine (Managers #8)


E’ stato wow. Mi sono divertita e sono stata bene. Anche loro erano entusiasti, l’ho percepito dai loro occhi, dai sorrisi, dall’entusiasmo con cui saltellavano da una parte all’altra. Dai loro ohhh!, dalla genuina volontà di mettersi in gioco, erano bambini spontanei e divertiti. Abbiamo fatto la foto di gruppo (senza i cheeeese e le corna), mangiato tutti insieme, bevuto troppo, sono morti molti ‘lei’ che sono diventati dei bei ‘tu’, abbiamo respirato la stessa aria, distesi uno accanto all’altro sui tappetini yoga, nel silenzio, interrotto dal nostro fiato, vicini vicini, uniti, solidali, rilassati e anche felici.

I trainer sono stati bravi, ci hanno messo a nostro agio, abbiamo collaborato, imparato e approfondito le relazioni.

Non sono impazzita, tranquilli. Semplicemente, tutti quanti, sono riusciti a tacciare il mio lato cinico. Poi a me le full immersion, peace and love di gruppo fan questo effetto: mi rammolliscono e mi fanno vedere il mondo tutto rosa. Domani mi passa, stay tuned!

A sorpresa è stato un week end piacevole per me e anche per loro, che mi hanno applaudito all’unisono alla fine, che mi hanno scritto, messaggiato e telefonato, grati per l’esperienza vissuta.

Come quando vai a fare il campus estivo, vivi coi tuoi compagni 24/24 ore e poi alla fine, quando ci si saluta, ti mancano. Che la scuola è per tutti finita da un pezzo, ma quel clima cameratesco, in cui si sghignazza, si sussurrano gossip, ci si fa seri per ascoltare i maestri, si prende appunti, si arrossisce quando bisogna parlare al microfono davanti a tutti (in inglese, per giunta!), si fa l’occhiolino al vicino di banco, si schernisce per gioco il compagno di banco, si balla, si ride, si fa team building, beh ti trasforma davvero e capisci che tutto questo ogni tanto serve. Che mandare le mail, alzare il telefono, fare le call, certo aiuta, riduce i tempi, nero su bianco perché verba volant, ma il contatto diretto, occhi negli occhi, avvicina, unisce, fai parte di un gruppo, remi  nella stessa direzione, i soldi non c’entrano, almeno per un istante, sono le persone con cui passi la maggior parte della tua vita e scopri a sorpresa che sono davvero simpatiche.

Nota: questo post così concitato e tenero si autodistruggerà in un… bum!!

La sbobba (Managers #7)

  
I manager e i brain trainer a un certo punto si troveranno davanti ad un tavolo. Imbandito. Perché dopo tanto lavorare, pensare, stringere di meningi e di chiappe, il languorino salirà, l’arsura si farà sentire e so già che tutti quanti in massa guarderanno me, con fare famelico, questuando, solo con l’inclinazione della testa e il sopracciglio ben pettinato: dov’è la sbobba?

E allora forse si lasceranno andare tra una tartina rinforzata e un bel bicchierone di Primitivo di Maduria, di quelli che fanno minimo 14 gradi e che dopo due rabbocchi sei a quattro zampe con gli occhi pallati, attaccato alle gambe del tavolo oppure a quelle slanciate e sexi della vicina, occhi di gatto e rossetto Chanel numero 5. Che devi fare attenzione a non offrire troppo, ma neanche troppo poco, che non si dica che la sottoscritta lesina il cibo, ma neanche che tenda allo spreco in questo mondo perennemente in crisi. Che per inciso IMO non si può dare tutta la colpa alla recessione economica, il mondo sta cambiando e tu ti devi adeguare. Anzi innovare, la parola più abusata del globo terraqueo.

Macché! Altro che Primitivo, questi sono dei quaquaraqà, ingurgitano al massimo un Prosecchino al volo, anche due, non sono certo abituati a bere sereni. Che se si ubriacassero anche poco, credo ci si divertirebbe davvero molto. Da tutti impettiti, con il doppiopetto, il capello impomatato e il palo infilato nel culo, impazzirei a vederli spettinati, con la cravatta allentata, la camicia fuori dai pantaloni, svaccati per terra, sulla moquette a pallini tono su tono, che credo costi quanto il prodotto interno lordo di una regione a caso del sud est asiatico. E magari a fine serata, invece di correre sulle punte a casa con il taxi prenotato un mese in anticipo, decidano di tornare in hotel a piedi, cantando mano nella mano una canzone del grande Lucio, palpando culi a caso, che fa tanto team bulding (IMO).

Macché! Altro che tartina rinforzata, sformatino di melanzana alla parmigiana, timballo con polpettine, millefoglie con besciamella colante, questi sono tutti intolleranti a qualcosa o anche a più cose insieme, ma immagino anche a qualcuno. Per cui sui menù campeggiano doppi, tripli asterischi che recitano ignavi:
– senza glutine
– senza lattosio
– vegetariani
– senza ritegno alcuno

Ma che cazzo mangiate miei prodi colleghi? Ah, giusto, voi fate la spesa online, l’insalata già lavata e masticata e barrette energetiche che non sporcano e non portano via tempo inutile al vostro proficuo e utilissimo lavoro di consulenti in corriera.

Ma per concludere e spezzare una lancia in favore loro, posso dire che non sono tutti così, anzi. Ed io, modestamente, ho il radar per individuare qualche eletto, con cui ridere e scherzare e soprattutto sopravvivere durante questi momenti di puro terrore. Ho persino un collega che mi ha giurato di farmi da cameriere per tutta la serata!

 

Yes Man (Managers #6)

    
I brain trainer sono così, non gli basta tenere la lezioncina, vogliono far vedere a tutti che non sono improvvisati, ma lavorano sodo, prima, durante e dopo e soprattutto portano i risultati, che è la cosa che interessa a tutto il pubblico pagante e anche a quello che sta a guardare. O no?

Per cui inoltrano liste di richieste, sempre per elenchi puntati, inesorabili, che ti appendono al muro e che paiono quasi editti, recitati con voce impostata da messaggeri alati, con la pergamena stirata tra le mani e gli stivaletti in camoscio morbido.

Vogliamo che:

  1. tutti i manager rispondano a un fitto questionario sulla vita, sui morti e sui miracoli, che siam tutti miracolati, se ci troviamo qui a parlare di spirito santo e sesso degli angeli
  2. selezioniate sei e dico sei eletti, rappresentativi dell’universo tutto, né giovani, né vecchi, né maschi, né femmine, né cittadini, né contadini, da intervistare in call conference agli orari stabiliti, secondo i termini di legge, timbrato e firmato
  3. vi rendiate disponibili, a ridosso della fatidica data, per condividere i risultati e prepararci in religiosa operosità al glorioso giorno di training together, altrimenti detto ammucchiata di cervelli sopraffini.

Non oso ancora immaginare il dopo.

Ed io penso, è arrivata la mia fine. E’ stato bello, grazie assai, arrivederci, addio. I manager, si sa, son tutti impegnati, e dopo la mia missiva questuante, sarò catapultata definitivamente nello spam aziendale, nella spazzatura virtuale e fisica, additata ed esposta al pubblico ludibrio.

E invece no. Colpo di scena, son tutti gentili e disponibili, pronti Yes Man, che con sconcertante cedevolezza, segnano in agenda orari e impegni per aderire alle mie richieste, come nella squadra di baseball, quando Dusty Baker realizzò il suo trentesimo fuoricampo e tutto lo stadio esultò come se i Dodgers avessero appena raggiunto i playoff.

Dammi un cinque, fratello!

 

Le cene pagate (Managers, #2)


Siamo destinati a soccombere. Ora ne sono certa.

Cerco un luogo dove rifocillare mente e corpo e se possibile anima dei miei graditi e stronzi ospiti. Devono godere dello stile sabaudo e al tempo stesso saziare la pancia e gli occhi con la magnificenza della casa madre. Hai un budget? No, non ce l’ho, però cerco qualcosa di esclusivo, con un servizio impeccabile. Un dilettevole dinner experience, che concluda coi controcazzi la sessione di brain training. Ho detto concluda, per cui domenica sono chiusa sul serio. A meno che il CEO mi prenda per la collottola e mi dica con quel sorrisetto irresistibile: vai a recuperare la ciurma e con l’ombrellino da CRAL a Venezia, portali in giro per la città. Ma io mi tutelo e ho chiesto il preventivo a una guida professionale, per cui gli ospiti, ormai parecchio strattonati da un week end che non ti lascia il fiato, anche se dovrebbe insegnarti a respirare, dovrebbero riuscire a muoversi tipo bradipi sonnolenti in autonomia, I suppose.

Cerco un centro di ritrovo molto top e mangereccio, non lontano dal ricovero a 4 stelle per ‘sti manager che paiono bambini in gita scolastica. Li vogliamo fare un pò camminare, ma senza esagerare, sennò le signore non possono infilarsi i tacchi sottili per via dei maledetti sanpietrini, che non saranno quelli di Roma, ma poco ci manca. Ah, la decadenza di queste città!

E allora selezioniamo col dito che scorre sulla pagina web la cream della cream e partiamo a fare i tanto amati sopralluoghi. Va bene alle ore 12? Ci scapperà almeno un light aperitif? Macchè! Il miglior ristorante della capitale che fu, il solitoposto di Cavour e compagnia bella, posizionato proprio nel salottino sabaudo ti offre magnanimamente un bicchiere di acqua e un caffè molto ristretto in tazzina sporca di rossetto. Orrore e spavento! Tante scuse. Sarà, ma son passati 3 giorni 3 ed io il preventivo nero su bianco non l’ho ancora ricevuto. Ahimè, mi tocca dichiarare: neeeeeext!

Passiamo al salone delle feste nuovo di zecca, scintillante, quattro anni a lavorar con la soprintendenza nazionale, per il recupero storico di questo bel gioiellino d’altri tempi. Poi ci sta pure il catering, ci mancherebbe altro, del resto costa uguale al ristorante testè raccontato, non mi offrono nulla, nonostante siano le ore 13, in compenso la proprietaria è una dea del globo terracqueo. Capello folto e arruffato fino alla schiena, si muove come fosse a casa sua (e lo è, perbacco!), umile e gentile, mi convince come una bambina davanti alla bancarella delle caramelle. E non saranno i 10 parcheggi inclusi, lo scalone presidenziale, il monitor che scende giù, il soffitto stuccato e i bagni minimal, che mi fanno annuire e chiedere: dove si firma, darling?

What’s sfidante? (Managers, #1)

mango
Avere a che fare con brain trainer e motivatori di top manager incalliti, ti permette d’imparare che anche le parole sono importanti.

Non che non si sapesse, ma costoro sono fighi e allo stesso tempo senza speranza ai miei occhi disillusi.

Come con un radar, mi ritrovo a soppesare con malizia ogni presa per il culo di chi prova a vendermi fumo (N.d.r. io preferisco di gran lunga la Maria) a 2.500 euro al giorno.

Dicevo le parole. C’è tutto un linguaggio che strizza l’occhio alla lingua inglese e tiene conto che i pensieri negativi sono il male per cui sono vietatissimi dalla legge di questi brain trainer da strapazzo. Per esempio: il termine sfidante, che viene usato tipo salsa ketchup sugli hamburger, sulla pasta parecchio scotta e anche a colazione col caffè, solo un sottile strato sul pan carré per pulire il piatto sporco di uovo al padellino, scrambled per i più fichi, appunto.

Traduzione pedestre di challenger, indica ogni cosa e solo il fatto di poterla seminare come il seme il contadino, quando esce dalla bocca vuol sol dire: cazzo, sono uno dei vostri!

Ma andiamo con ordine (!). Workshop di una giornata intera di 8 ore 8 in cui il sopracitato brain trainer inneggia alla respirazione, al lavoro su di sè, che non è masturbatio ad libitum, ma meditazione pro attiva per generare business con l’anima.

A questo punto, se arriva il top top manager un pò scettico che vorrebbe essere sul campo da golf a cazzeggiare (visto che si sta parlando di sabato, e non giorni feriali) e si trova davanti tappetini da pilates: sarà una situazione un po’ troppo sfidante per lui? Eh sì!

Giacca e cravatta tatuati tipo seconda pelle, mocassini di struzzo, secondo te non soffre davanti al fatto che dovrebbe liberarsi di ogni cosa e iniziare a respirare forte nella posizione del fiore di loto? Tutto ciò è assai sfidante! Che poi vorrebbe dire: è una cazzata! Vuoi ucciderli tutti ‘sti top manager a XXX zeri di retribuzione annua lorda, piu i benefit, i buoni pasto e i premi di produttività tutta?

No, niente, piazziamo delle sedie, allestimento conferenza, così sono a loro agio e non ci mandano affanculo a giornata appena iniziata, che sempre di sabato si tratta e tu avevi programmato tutt’altro e invece ti tocca lavorà.

(To be continued, forse).