Facciamo un gioco

Lei (m3mango), Lui (wutternach)

Il locale è semplice, in un luogo semplice. La campagna, fuori città, una lunga strada semi deserta, l’ingresso illuminato con cura, senza strafare. Una trattoria, non qualunque, un posto per amatori. Pochi piatti ma curati, in ogni particolare. Mai affollata, soprattutto nei giorni feriali, ma mai vuota, come succede nei posti dove si mangia bene. La sala dove ci accomodiamo è piccola, una decina di tavoli in tutto. Quattro sono occupati, più il nostro. Un bicchiere di vino, nell’attesa.

Lui
“Sei molto sexy. Lo sei spesso, stasera in particolar modo.
Sai cosa? mi piace quando ti vesti così, quando usciamo e sei così attraente. Mi piace poterti guardare quando scendi dall’auto, quando cammini e posso osservare da vicino ogni tuo particolare, ogni particolare del tuo corpo. Mi piace il modo in cui lo metti in evidenza, senza esagerare. E sai cosa, in più? mi fermo ad osservarti, a immaginare guardandoti, i motivi per cui hai scelto quell’abbigliamento, perché so che quando scegli, pensi a quello che potrà accadere durante la serata. Penso che ti vesti per avere uno sguardo che ti desideri. Uno, il mio; ma non solo. Altri sguardi. Ti osservo quando esci con me e quando esci senza di me. Il piacere nel farlo è lo stesso, anzi. Anzi, forse guardarti seducente, uscire per una serata senza di me mi stimola l’immaginazione e di conseguenza il piacere.
Ora che sei con me ti guardo così, mi piaci. Mi ecciti”.
Lei
“Facciamo un gioco”, ti dico, “un gioco dei miei, quelli che ci mettono un po’ in imbarazzo, un po’ ci stuzzicano. Quelli che ci fanno anche un po’ male, ma poi ci permettono di andare a dormire abbracciati, per consolarci e leccarci le ferite. Che noi siam convinti di essere diversi da tutti, unici. Chissà se poi davvero è così. Guardati intorno, ci sono altri tavoli occupati: sono tutte coppie come noi, con gli stessi problemi e forse anche identici desideri. Scegline una. Quella che ti ispira di più. Quella che pensi di poter dominare. Quella che potrebbe starci al gioco. Quella con lui brutto e lei bellissima, o viceversa. Quella che sembra che la serata sia appena iniziata e forse proseguirà nel privè poco lontano da qui. Quella che frequenta i siti per scambisti, che si eccita a mostrarsi in telecamera, quella che si incastra perfettamente con noi. Ne hai la facoltà. E poi alzati da questa seggiola e vai a presentarti. Così su due piedi. ‘Vi dispiace se ci uniamo al vostro tavolo?’. Con un bel sorriso, potrebbero anche dirci di sì. Non essere reticente, dai. Ti adoro quando mi accontenti, anche se ti propongo una cazzata enorme, rischiosa, scomoda, faticosa, stupida. Mi piaci come appoggi il tovagliolo accanto al piatto, mi guardi, un po’ sbuffi, un po’ sei già eccitato. La serata potrebbe farsi interessante, oppure potresti tornare al tavolo, sconfitto, perché il gioco non è neppure iniziato”.
Lui
Lo sai che sbuffo perché detesto rompere le scatole a chi è venuto a mangiare per stare in tranquillità. Penso di poter passare per un rompicoglioni, e lo detesto. Ma sai, perché tu sai tutto di me, che quello sbuffare serve a coprire l’eccitazione evidente che mi dà la tua richiesta. Il tuo essere sfrontata, il tuo seguire l’istinto. Allora vado. Scelgo. Tento.
Quei due, al tavolo in fondo mi sembrano simili a noi, che non siamo simili a nessuno. Non tanto per l’aspetto, come potrebbe essere, ma per la serenità nei loro sguardi. Invento una scusa poco credibile “non ci siamo già incontrati noi?” per cominciare a parlare del ristorante, a chiedere da quanto lo frequentano, a dire la mia sul cibo, sull’arredamento. Cazzate, solo per poter dire uniamo i nostri tavoli, se non vi dispiace. Non gli dispiace, sono cordiali. Quaranta, forse quarantacinque, entrambi. Vestiti sportivi, casual, come si può definire meglio? Parlo, mi presento, ci presento. Disquisisco di città, di campagna, di coppie senza figli (simili, sì, chi lo avrebbe mai detto?). Ordino una bottiglia ulteriore, specificando che saranno ospiti. Stasera saranno ospiti. Chiedo, da quanto siano in coppia. Introduco. Parlo di noi, che lo siamo da un po’ ma che lasciamo che ciascuno di noi viva la sua vita, quando ne sente l’esigenza. Butto lì la frase fatta che lasciare l’altro libero solidifica il rapporto. L’importante è la condivisione delle sensazioni, la sincerità. Non l’esclusività. Condivisione, insisto. Verso da bere a lei, poco trucco, capelli sciolti, scuri. Sguardo sincero e vivo. Attraente. La immagino in altri contesti, mi attira. Verso da bere a lui, abbronzato, colori scuri, intensi. Meno loquace, ma ironico. Sta al gioco, su ogni argomento.
Ora tocca a te, al tuo gioco. Ora puoi cominciare il balletto della provocazione, quella sottile arte che mi fa venire il cazzo duro, non appena ne intravedo l’ombra nei tuoi occhi caldi. Fammi giocare, falli giocare. Potrebbe essere una buona serata.
Mi ecciti, con le tue idee. Devo solo seguirle, darti retta.
Prima che tu possa cominciare a giocare glielo chiedo, quasi d’improvviso: “domani sera siete impegnati? Potreste venire a cena da noi, se vi fa piacere”. Mi guardi, sorridi, annuisci con lo sguardo; lo vuoi.
Lei chiede solo un minuto per chiamare un’amica e disdire il mezzo impegno che aveva, lui ne sarebbe felice e si alza per andare in bagno. Siamo soli al tavolo, per qualche momento. Hai lo sguardo che trasuda eccitazione. Sei in quello stato che mi fa impazzire.
Sfiorandoti una coscia ti sussurro all’orecchio “gioca ora, come sai fare solo tu, stasera ti voglio scopare al pensiero di cosa sarà domani. Con le tue idee più perverse tra di noi”
Sorridi, mi fai cenno di sì. Bevi un sorso di vino, mi premi la mano sulla gamba. Quando rientrano al tavolo li guardi, poi guardi me. E mi lasci entrare in quello sguardo, pieno di amore e desiderio, pieno di sapore di sesso.

Lei
Eccoli rientrare, quasi contemporaneamente. “Ancora un po’ di vino?” La serata è giovane, l’atmosfera giocosa, piacevole la condivisione di pasti, risate, corpi. C’è sempre quel confine poco nitido in cui non sai mai se puoi oltrepassare, ma basta una battuta, uno sguardo, un leggero sfioramento per capire se c’è approvazione, concessione, sintonia. Il mio sguardo si rivolge a lei, se le due donne sono complici il più è fatto. Se sono disponibili a cedere il proprio uomo, c’è il via libera.
Gli uomini arrivano sempre dopo, le regine siamo noi. E lei mi guarda, sorride, è un po’ stupita, ma le piace essere stuzzicata. Parla di sé, risponde alle nostre domande, racconta aneddoti divertenti, cerca lo sguardo di lui, ogni tanto gli stringe la mano, qualche volta ci versa il vino nel bicchiere.
Concludiamo la serata e ci scambiamo i numeri di telefono.
“Hai scelto bene, amore. Cucini tu domani sera, vero?”

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