Ore 9: call conference (Managers, #0)


Iniziare la mattina, alle 9, con una call conference in inglese stretto, stretto parlato da un tedesco o uno svizzero tedesco che si mangia le parole e tu non capisci una beata fava, ma sei di fianco alla Ceo e oltre a sorridere e annuire ogni tanto, ti fanno pure una domanda e cazzo tu devi dire qualcosa, qualsiasi cosa per non sembrare completamente stupida? Yes, of course.

Perché, a volte, cogli almeno una parola, un significato, un termine che ti pare di riconoscere e punti tutto su quello, per interpretare, seppur lontanamente, il cuore di questa incomprensibile conversazione. Perché a noi il video funzionava, allo svizzero tedesco no, per cui manco leggere il labiale è una soluzione percorribile, Capitano! Siamo fottuti.

In queste situazioni cerco di mantenere una faccia intelligente, quasi arguta, di una che pensa, pensa, talmente pensa che non può neanche essere interrotta in questo pensiero invadente. Così non si sente l’enorme punto interrogativo che aleggia nel mio cervello e nel mio cuore. Di cosa sta parlandooooo? Sento l’eco dei miei pensieri. Anche fissare l’orchidea può servire, perché dà l’idea che si stia formando un pensiero che tra un po’ sarà esternato. Tra un po’, forse.

Per fortuna lo ST… (svizzero tedesco) è logorroico, la mia Ceo pure, per cui annuire sapientemente e gettare parole di circostanza a caso, in mezzo a loro, alla stanza, al monitor, nel corridoio, dalla finestra, non dovrebbe insospettirli più di tanto. C’è da dire a mia tenera discolpa che la situazione è una delle peggiori in cui puoi capitare, perché non vedere l’interlocutore, ma sentirlo con la linea disturbata (non era così disturbata, ma tant’è) e il fiato sul collo della magnifica mia Ceo, che tra l’altro adoro incondizionatamente, bellissima donna, di una classe innata e un’aura scintillante e tutte le piante di orchidee che mi fissano, io che sono rientrata dalla malattia, ora, che sono le 9 di mattina, praticamente l’alba ed io non capisco un acca.

Tempo fa temo che mi avrebbero chiesto un meeting report, il temutissimo riassuntino da terza elementare con i to do e i next step. Per fortuna ho superato quella fase da mo’, nessuno si aspetta che li faccia. È il fottuto vantaggio di essere il cliente. Ho fatto per 15 anni il fornitore, ora che sono dall’altra parte della barricata, raccolgo i frutti. Per cui chiudo brillantemente la call con un thanks a lot, We’re waiting for your proposal. Anche questa volta ce la siamo sfangata.

21 pensieri su “Ore 9: call conference (Managers, #0)

  1. Santa Polenta che sforzo immane.
    Mi capita spesso di bluffare, ma solitamente sono pronto a colpire il mio avversario e a scappare piú velocemente possibile se il bluff va male. Se sei con la tua capa alle spalle, capa che stimi ed ammiri pure, non puoi permetterti queste vie di fuga alternative!
    Complimenti!

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  2. Cose da V

    Ahaha, sei stata brava, sangue freddo… Mi ha fatto pensare a quando a scuola la prof fa una domanda, in tanti alzano la mano per rispondere e la alzi pure tu (anche se non sai la risposta) e assumi un’aria di chi la sa lunga… Ultimamente faccio associazioni strane /: Comunque ho riso! 😀

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  3. Io a proposito ho fatto in questo modo una delle mie peggiori figure di merda di tutta la mia vita.
    Tavola rotonda in inglese, una tipa parla per 20 minuti e poi chiede al mio capo chi far intervenire. Lui passa a me la parola (non avevo capito una beata fava) e inizio a sillabare termini impropri, neologismi e architetture sintattiche prive di fondamenta.
    E sì che io non è che sono a zero di inglese, anzi! Ma il mio problema è che lo capisco al volo se lo leggo, ma a sentirlo vengo spiazzato. I miei ottimi voti scolastici (8 al liceo, addirittura 30 e lode all’Università) si sono dissolti in un attimo, e complice la mia timidezza mi hanno fare una pessima figura.

    K!

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