La mostra

La mostra era bellissima e a grande richiesta da parte dei fanz (!), vi racconto. Nell’appendice trovate i retroscena!

Arredamento di design, creativo, giocoso, di rottura, in cui gli oggetti non sono da mettere in mostra, ma utilizzati tutti i giorni, comodi, fatti con materiali pratici, e soprattutto belli e originali. Tutti pensati e realizzati, nel corso di questi ultimi 50 anni, da uno studio di pittori, architetti, artisti che immaginavano, attraverso la produzione di questi elementi, di cambiare il mondo: l’arte a disposizione delle persone e delle battaglie sociali. Lo studio, infatti, nacque negli atenei occupati, nelle strade, nelle piazze che durante il ’68 erano sedi di manifestazioni. Gli artisti facevano parte della sinistra utopica, contro tout court: contro l’architettura, il linguaggio, le convenzioni.
Direi la mostra giusta da raccontare in questo blog!

Vi presento i tre pezzi che mi sono piaciuti di più e che avrei portato tranquillamente a casa.

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C’era il divano Leonardo, modulare, in gomma piuma, con la stampa della bandiera americana, che poteva essere assemblato e diventare un cubo, oppure una chaise longue, o ancora un letto. E’ stato eletto simbolo della pop art italiana.

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Poi il divano Bocca, che nasce per evocare l’idea di bellezza assoluta, sensuale, peccaminosa, ma senza cervello. Un modo per denunciare, già negli anni ’60 il desiderio di apparire. E’ una seduta simbolo, realizzata per il centro benessere Counturella di Milano.

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E infine la poltrona gigante Mickey dei sogni, che quando ti siedi diventi bambino e quindi non ti vergogni di scherzare, ridere e giocare.

E dopo aver fatto la capogruppo di un gruppo di dipendenti a salario garantito (me compresa, eh!) che spengono il cervello, si incolonnano come amebe alla biglietteria, seguono la mostra, per fortuna con stupore e interesse, buttandosi poi però sui selfie da postare su Facebook e infine si catapultano all’apericena, che è l’aperitivo rinforzato a 18 euro cad., che ancora sto digerendo, posso collassare a letto.

Appendice

Raccolgo qui le domande più intelligenti che mi hanno fatto i colleghi la mattina in ufficio, con la visita guidata imminente. Un post-appendice che ha carattere di denuncia per il maltrattamento mentale subito, nei confronti della sottoscritta, me tapina, medesima.

  • Posso portarmi la macchina fotografica?
  • Il ritrovo è alle 17,45, se arrivo alle 18.05 mi aspettate?
  • Se perdo la metro, mi aspettate?
  • Se vengo solo all’aperitivo, va bene lo stesso?
  • Se porto mio marito, due figli minorenni di 11 anni, il cane quanto pago?
  • Se ho la tessera musei pago?
  • Se il mio accompagnatore non viene paga lo stesso?
  • Se porto mia figlia e una compagna della figlia e poi un’altra compagna della figlia e poi un’altra. Posso? [praticamente ha portato la classe intera]
  • Mi sono iscritta sulla intranet, ma mentre lo facevo, lavoravo, controlli se ho scritto giusto? Sai non me ne intendo… [c’erano tre campi da compilare: nome, cognome, sede dell’ufficio]
  • Replicate con altre date? [manco fossimo in turnee]

31 pensieri su “La mostra

  1. Fedifrago ®

    Eh ….mi rendo conto sia estremamente difficile scrivere nome, cognome e indirizzo. Lo promuoverei subito direttore generale (dal fatto che non riesce a fare due cose contemporaneamente è molto probabilmente un uomo).

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      1. Fedifrago ®

        Io potrei scriverne almeno tre (come la trilogia di Tolkien): 1) le domande stupide durante i corsi di formazione che tengo 2) le domande stupide dei clienti 3) i disturbi mentali degli agenti di commercio

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      2. Fedifrago ®

        Aaaah durante i corsi li faccio anche ridere (per evitare che si addormentino) ma alla fine divento sadico. Quando chiedo se abbiano domande ed è tutto chiaro, annuiscono e non chiedono nulla, convinti di potersi defilare; al che invariabilmente rispondo: “bene, visto che avete tutto ben chiaro, facciamo subito role play per mettere in pratica”. Ho visto persone accasciarsi sulla sedia 😈

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      3. Fedifrago ®

        Guarda, quando faccio i role play non so se ridere o piangere. Invaraibilmenfanno l’esatto contrario di quanto abbia insegnato in tre giorni. Non tutti, in mezzo a tanto letame a volte si trova anche qualche diamante da sgrezzare, ma è una fatica immane

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      4. Nell’ultimo corso tenuto, dopo 6 ore a vedere un software di sviluppo (questi dovrebbero poi fare i programmatori, quindi cavolo ci dovrebbero pure capire qualcosa di come usare un pc!) in tre sono riusciti a cliccare sull’icona di disinstallazione e a cancellarlo invece di lanciarlo! Faticaccia!

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