Ragazza di campagna 

  
Come quando cammini nel parco, sulle foglie gialle e rosse, gialle e rosse, e a un certo punto chiudi gli occhi. Li chiudi per sfida, li chiudi perché non ne puoi più, li chiudi perché vorresti smettere di vivere per un secondo, vorresti congelare la tua vita nel freezer di casa, anzi no, nel freezer professional dei cinesi qui sotto.

E diventa un gioco come quando da bambina appoggiavi i piedi senza toccare il perimetro delle piastrelle. E dicevi ora chiudo gli occhi, guidami tu.

Hai i Pink Floid che ti fanno compagnia, il sole caldo di novembre e i ragazzini che aspettano seduti sul ciglio della strada il prossimo concerto.

Another brick in the wall, talmente assordante che non sentì i tuoi pensieri. E ti piace riconoscere le parole in inglese, la stessa soddisfazione di quando parli con lei, cercando di colloquiare in maniera sfrontata con l’accento, dio l’accento. Andrei un mese in Inghilterra solo per coltivare l’accento. Non a Londra, andrei nella campagna che sa di umido, uova fritte e cesar salad, che profuma di biscotti, di sigarette accese, di casino che sono i posti dove la gente gioca a tombola.

E la campagna. Quando sono lì che scelgo lo smalto da mettermi, a volte vorrei avere gli stivali di gomma sporchi di terra e fregarmene di tutto e tutti, concentrata ad accendere il caminetto. Perché è quello il vero spettacolo, osservare il fuoco scoppiettare, respirare l’odore acre che ti brucia le narici e che ti fa starnutire.

E nella campagna io sarei isolata dal mondo, vorrei avere l’orto, che coltiviamo insieme, il pane, lo yogurt, il limoncello. Vorrei avere quattro soldi, quattro e stop. Via da questo cazzo di cemento che mi sta stretto, che mi sta stretto. E gli smalti Chanel, di quelli dimenticherei l’esistenza, pure YouTube, Tumblr, 3Bmeteo e Linkedin? Si, c’è la farei, esattamente come ho fatto con la TV settemila anni fa. Ciao proprio, ne?

12 pensieri su “Ragazza di campagna 

      1. Nelle mie lunghe permanenze negli States ho avuto amici prevalentemente Irlandesi (a New York non poteva essere diversamente) che sostenevano che gli Americani alla fine avevano anche insegnato a mangiare agli Inglesi. Pensa te! 😀 😀 😀
        Sul bere, però valeva il proverbio inglese: “Beer before wine, makes you fine. Wine before beer, makes you wierd.”
        Ah che tempi bella mia! 😀

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