Quando viaggi in treno

  
Quella sensazione che provi quando stai per prendere il treno per Milano e sei sul taxi e appena sali dichiari l’orario di partenza e il tizio immancabilmente ti azzittisce dicendo che l’hai prenotato troppo tardi. Perché i taxisti vogliono guidare tranquilli, mentre tu vuoi solo dormire cinque, cento, mille minuti in più. Poi sicuro come l’oro, non arrivi mai in ritardo, alla fine aspetti sul binario al freddo come una cretina, ma il cazziatone odioso del taxista maschio e prepotente te lo becchi everytime. Matematico.

Ma io felicemente me ne sbatto, perché io sono così, annuisco fintamente preoccupata e sorniona mi accorgo che la mia agitazione viene completamente riversata sul taxista, che parte in quarta, e cazzo, fai il tuo lavoro.

Perché io sono per Uber, per il libero mercato, ‘che il protezionismo e le caste non hanno mai fatto bene a nessuno. Dobbiamo evolverci, il mio lavoro è innovazione, parola abusata da tutti e nessuno sa cos’è.

Poi salgo sul treno e godo per un’ora. Musica tutto-volume, nessuno che ti rompe i coglioni, vicino a una strafica milanese, che ti sorride, è vestita come te, forse abbiamo gli stessi gusti?

Anche tu ti sei iscritta al gruppo su Facebook pic-nic-boundage, hai una passione sviscerata per le gonne di pelle, le code sintetiche, il sushi, il parmigiano 36-mesi in tocchi così, le palline tailandesi, il rossetto rosso-scuro-baldracca-inside, gli orti botanici e viaggiare come un randagio, che sei davanti al tabellone delle partenze, e scegli a caso, affidandoti a quella puttana della dea bendata, con rispetto parlando? Si, anche io.

Poi ogni tanto alzi la testa, come per respirare, mentre sei intenta a spompinarlo fino al midollo, ti giri verso il finestrino, vedi la campagna padana e cerchi del verde che non c’è, ma solo grigio e giallo. E invece vorresti vedere le colline, il mare, Roma-città-eterna, e lui, anche lui. Perché alla fine non lo dichiari manco a te stessa, ma in fondo ti sei innnnn… No, cazxo non è vero. Schiaccia quel pensiero, con il tacco dodici, sull’uccello barzotto.

E poi la tipa  strafica milanese inizia a tossire e tu non puoi continuare a scrivere dal rumore assordante e per zittirla le soluzioni sono solo due, tre, centomila e tu lettore sai già le opzioni della mia mente distorta:

1. La limoni duro-duro

2. Le parli dei gruppi boundage che si incontrano tutti i secondi mercoledì del mese in un luogo secreto

3. Le offri ‘na cicca, ‘na gomma, ‘na cingomma

E lei ti sorride e per riconoscenza ti spiega dove andare a Milano, manco fossi una turista. E tu annuisci rapita. Arrivati, dobbiamo scendere. No, il numero non ce lo scambiamo. La mia vita è già parecchio incasinata così.

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